Milano
Venerdì 10 Maggio 2024
Il Presidente dell'associazione è intervenuto come relatore nel corso del convegno, organizzato dal Centro Cardiologico del Monzino, intitolato: "Al cuore del problema: la ricerca sulla cardiomiopatia aritmogena è vicina ad una svolta?", organizzato dallo stesso centro e rivolto principalmente ai pazienti e alle loro famiglie, per fare il punto sugli obiettivi e lo stato delle ricerche scientifiche, in Italia e nel mondo, per individuare finalmente una cura per questa patologia, di origine genetica, progressiva e finora incurabile.
Nel corso degli ultimi anni, infatti, la ricerca ha compiuto decisi e promettenti passi in avanti e si sta avviando velocemente alla clinica, prospettando un cambiamento radicale per i pazienti in un futuro prossimo. I nuovi modelli di malattia in laboratorio stanno aiutando i ricercatori ad individuare farmaci tradizionali e approcci innovativi come la terapia genica.
Hanno aperto i lavori i Prof.ri Claudio Tondo, Dirigente dell' Unità Operativa di Aritmologia del Monzino e Giulio Pompilio, Direttore Scientifico dello stesso ospedale, che hanno sottolineato come il Centro Cardiologico Monzino sia un centro di ricerca di eccellenza in grado di raggiungere importanti risultati, grazie anche al coinvolgimento dei pazienti, che hanno fornito dati importanti per i progressi della ricerca.
Sono quindi intervenute le dott.sse Francesca Pizzamiglio e Valeria Novelli, del Centro Cardiologico Monzino, che hanno, rispettivamente, illustrato lo stato dell'arte sulla malattia e il ruolo della genetica nella sua gestione. La cardiomiopatia aritmogena è una patologia la cui diagnosi non è facile determinare se non attraverso esami molto approfonditi, come la risonanza magnetica cardiaca e l'ecocardiogramma. Certamente, un tracciato elettrocardiografico può rappresentare un primo campanello d'allarme ma non è sufficiente per arrivare ad una diagnosi certa. Essendo, al momento, una patologia incurabile, è possibile intervenire solo per minimizzare il rischio di aritmie fatali, attraverso farmaci e, in ultima analisi, mediante l'impianto di un defibrillatore, transvenoso o sottocutaneo. La genetica, d'altro canto, gioca un ruolo fondamentale in quanto fornisce informazioni importanti sulle modalità di trasmissione della mutazione genetica all'interno di una famiglia e dei suoi successori. Allo stato della conoscenze attuali, non è stata identificata la totalità dei geni la cui alterazione è causa della patologia; può quindi capitare il caso di una persona affetta dalla cardiomiopatia aritmogena, ma la cui indagine genetica è negativa. Rientrano tra gli obiettivi del test genetico quello di confermare la diagnosi e identificare i famigliari a rischio.
La dott.sa Milena Bellin, dell'Università degli Studi di Padova ha quindi presentato i progressi finora ottenuti nella ricerca dei meccanismi in grado di rigenerare le cellule del cuore, grazie all'utilizzo di cellule pluripotenti indotte, in grado di dar vita ai cosidetti "mini cuori", pulsanti, realizzati in laboratorio.
La Prof.ssa Alessandra Rampazzo, dell'Università degli Studi di Padova, ha presentato i risultati della ricerca, in corso presso il Dipartimento di Biologia della stessa università, su un farmaco in grado di bloccare il decorso della malattia; si tratta della ricerca che il progetto "Beat the Beat" sta finanziando e che ha recentemente ottenuto un importante finanziamento dalla Comunità Europea, rendendo possibile l'avvio del progetto europeo IMPACT.
Anche l'intervento della dott.ssa Elena Sommariva, Responsabile dell’Unità di Biologia Vascolare e Medicina Rigenerativa del Monzino, è stato incentrato sui progressi della ricerca di una terapia farmacologica, basata sull'utilizzo delle statine. La sperimentazione, prossima ad essere avviata, si basa infatti su un farmaco tradizionale, approvato per una patologia diversa.
Il dott. Marco Schiavone, del Centro Cardiologico Monzino, ha presentato aggiornamenti sulla ricerca clinica e ha evidenziato quanto differenti siano gli approcci tra Nord America e Europa quando, per esempio, si tratta di decidere se impiantare o meno un defibrillatore; i criteri seguiti oltre oceano non sono costi stringenti e l'impianto è molto frequente, mentre in Europa si è decisamente più attendisti. E' stato quindi evidenziato che tra tutti i pazienti affetti da patologie aritmiche, quelli che hanno la cardiomiopatia aritmogena sono quelli per i quali il defibrillatore serve di più; si è verificato, infatti, che sono i pazienti che subiscono più shock dal defibrillatore. Oltre all'impianto, sono da prendere in considerazione la terapia betabloccante e, in alcuni casi, l'ablazione che può portare un beneficio in pazienti con uno stato molto avanzato della malattia e che hanno subito uno shock dal defibrillatore.
La dott.ssa Martina Calore, dell'Università degli Studi di Padova e Natasha Paterson, Direttore Esecutivo alla Tenaya Therapeutics, hanno quindi illustrato, rispettivamente, le ultime novità di ricerca sulla terapia genica e la prima esperienza di studio clinico di tale terapia su alcuni pazienti che presentano la mutazione del gene PKP2.
Il Presidente dell'associazione ha infine presentato il progetto di prevenzione della aritmie pericolose e i risultati finora raggiunti tra la popolazione scolastica. Dopo aver accennato al progetto "Beat the Beat" e la collaborazione con il gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Rampazzo, ha quindi portato all'attenzione il punto di vista dei pazienti, evidenziando le implicazioni di carattere psicologico e fisico che la patologia comporta.
Tra qualche giorno saranno resi disponibili dal Centro Cardiologico Monzino alcuni video degli interventi su descritti.
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